Avvocati e social media: le regole tra cui districarsi e qualche “trucco” (già applicato con successo da studi legali)

Nel Fedro di Platone, Socrate diceva che la scrittura era una minaccia per la cultura
perché a un libro non si possono fare domande.
A Socrate mancava Internet

(Luciano De Crescenzo).

La professione legale è in continuo mutamento e, oggi, uno degli strumenti che non possono mancare nel bagaglio culturale e professionale di un avvocato è la tecnica di comunicazione in internet. Ancora più nello specifico, nei social media.

Con questo contributo si vuole offrire al lettore una sintetica (e quindi per forza di cose limitata) panoramica delle regole deontologiche che regolano la pubblicità e l’uso di internet per la professione di avvocato, sia in Italia che in Svizzera, con un accenno importante, alla fine, ad alcuni “trucchi” per approfittare delle enormi potenzialità dei social media.

N.B.: si vuole condividere un’esperienza (positiva e proficua) prima ancora che una fredda disamina normativa, la parte finale vi offrirà un possibile scenario di crescita professionale

1. Le peculiarità della professione di avvocato nella pubblicità in internet

La migliore pubblicità è un cliente soddisfatto” (Bill Gates).

È certo questa una frase su cui tutti possono trovarsi d’accordo, ancora di più chi esercita una professione cosiddetta “intellettuale”, fondata sulla fiducia tra professionista e cliente, teso a offrire un servizio più che un prodotto o un risultato.

È pur vero, però, che in un contesto sempre più competitivo e liberalizzato, dove l’accesso alla cultura di alto livello è garantito a più persone rispetto al passato e dove le comunicazioni sociali permeano ogni “quando” e ogni “dove” del nostro vivere, anche un professionista della legge è chiamato ad interrogarsi sul mondo di internet e, più nello specifico, dei social media.

Perché se una volta era il cliente a trovare l’avvocato, oggi questa verità rimane, ma cambia il luogo in cui il cliente lo cerca: internet, per l’appunto.

Ma come far concordare questa nuova realtà con alcuni principi cardine della dignità della professione forense? L’Europa ha dato una risposta con l’art. 24, cpv. 2, della Direttiva 2006/123/CE (c.d. “ex Bolkenstein”), che così si esprime:

«gli Stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione.
Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate».

Esaminiamo dunque brevemente queste “regole professionali” e proviamo a capire come rispettarle utilizzando gli strumenti dei social media in nostro favore.

2. La situazione normativa in Italia

La direttiva europea ora citata era stata recepita in Italia dal decreto legislativo n. 59 del 26.03.2010, il quale aveva fornito a quella che chiamava “informazione sull’attività professionale” (= pubblicità) i seguenti criteri di orientamento:

  • oggetto dell’informazione (propria attività, struttura dello studio, specializzazioni e titoli)
  • finalità dell’informazione (criterio dell’affidamento della collettività)
  • forma dell’informazione (verità e correttezza, tutela del segreto, dignità e decoro, pubblicità non ingannevole o suggestiva o comparativa)

L’applicazione di questi criteri, invero piuttosto ampi, era quindi lasciata al codice deontologico forense, il quale, nella sua prima versione, all’art. 35 finiva con l’assumere un atteggiamento restrittivo e illogico riguardo all’uso di internet e dei social media: era stabilito, tra le altre cose, che l’avvocato potesse utilizzare solo domini personali (ossia che contenessero il proprio nome, escludendo quindi pagine o gruppi su Facebook, ad esempio) e che l’apertura di un proprio sito internet dovesse essere preceduta dalla comunicazione all’Ordine di appartenenza.

In altre parole, l’utilizzo dei social network a fini informativi o pubblicitari era di fatto vietato.

A seguito degli interventi di associazioni professionali e consigli dell’ordine locali, nell’ottobre 2015 il Consiglio Nazionale Forense ha deciso per la modifica dell’art. 35, finalmente abrogando sia l’obbligo di previa comunicazione all’Ordine di appartenenza, sia l’obbligo di utilizzo di domini propri. Il nuovo art. 35 `del codice deontologico così recita:

«l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale».

Liberalizzata di fatto, quindi, la pubblicità utilizzando gli strumenti dei social media, ovviamente nei ribaditi limiti generali dell’informazione professionale.

3. La situazione normativa in Svizzera

La professione di avvocato è regolata in Svizzera dalla legge federale sulla libera circolazione degli avvocati del 23.06.2000 (d’ora in poi LLCA), al cui articolo 12 lett. d è così stabilito:

«[l’avvocato] può pubblicizzare i servizi offerti, sempreché la pubblicità si limiti a fatti oggettivi e risponda ai bisogni d’informazione del pubblico»;

La pubblicità, anche in questo caso, è consentita con il limite dell’oggettività dei “fatti” pubblicati e con la finalità di rispondere ai bisogni d’informazione del pubblico. Il codice deontologico svizzero degli avvocati ha ripreso pedissequamente tali principi (cfr. art. 16). Piuttosto, ogni Cantone – nel rispetto del caratteristico sistema federale elvetico – ha adottato proprie direttive più specifiche. L’Ordine degli avvocati del Cantone Ticino ha emanato la direttiva del 17.04.2007 relativa a “nome degli studi, carta da lettera, opuscoli, insegne di studio, siti internet, annunci su elenchi e altre pubblicazioni”.

Il principio guida dell’attività informativa a terzi da parte dell’avvocato è contenuta nell’articolo 1, il quale richiamata l’obbligo di fornire una “corretta, utile e veritiera informazione”, di rispettare “la dignità della professione, salvaguardando il segreto professionale ed agendo con lealtà e discrezione”.

Dopo aver escluso la legittimità della pubblicità invadente (c.d. spamming), aggressiva, millantatrice ed indicante l’identità dei clienti, anche consenzienti (art. 3), la direttiva affronta solo marginalmente la questione di internet, permettendo (all’art. 11) “l’inserzione di siti e pagine su Internet o altre reti elettroniche di informazioni, come pure l’iscrizione nelle liste degli avvocati su simili reti”.

In Svizzera e nel Cantone Ticino, quindi, la pubblicità sui social media è consentita, anche in questo caso nel rispetto dei criteri (in realtà più stringenti che in Italia) di rispetto della dignità della professione.

4. L’avvocato sui social media: istruzioni e qualche suggerimento

Come può quindi l’avvocato recepire queste direttive, rispettarle, seguirne la finalità, e allo stesso tempo utilizzare al meglio le grandi potenzialità che offrono oggi i social media?

È evidente, infatti, che un avvocato non possa gestire la propria pagina internet e gli strumenti offerti dai social media come un imprenditore o come una società di servizi commerciali. E ciò in ragione, sia consentito dirlo, prima di tutto della propria rispettabilità di serio professionista, prima ancora che del rispetto delle norme legislative o deontologiche: la frase sopra riportata di Bill Gates deve rimanere da monito.

Uno degli strumenti più efficaci per il professionista e, allo stesso tempo, utili alla collettività è quello dell’utilizzo sapientemente combinato del blog informativo su proprio dominio, unito ad una intelligente strategia sui social media.

Ogni avvocato, o studio legale, sviluppa nel tempo delle proprie competenze specifiche che lo rendono destinatario delle richieste di consulenza o assistenza da parte dei clienti. Tali competenze possono venir condivise sul web tramite la propria pagina internet, in un apposito “box” (che chiameremo blog): sceglierà il singolo professionista se rivolgersi al pubblico, utilizzando quindi un linguaggio più semplice e comprensibile, o a colleghi, non limitando pertanto riferimenti più specifici e complessi.

I social media (Facebook, LinkedIn, Twitter, ecc.) sono, essenzialmente, i moderni “luoghi” dove la gente vive, si interfaccia con gli altri, si confronta … e sempre di più ricerca informazioni. Una propria pagina professionale potrà essere lo strumento per “pubblicare” i contributi del blog, offrendo – tramite lo strumento della condivisione – a propri amici ed anche a terzi (tramite i gruppi ad esempio) le informazioni che rientrano nel novero delle competenze dell’avvocato.

Chi cercherà quelle informazioni, conseguentemente troverà l’avvocato che le fornisce

Questo sistema, peraltro, inciderà anche positivamente sull’indicizzazione del proprio sito professionale sui motori di ricerca, creando un circolo virtuoso.

Alcuni si affidano al proprio intuito, altri alle proprie conoscenze tecniche personali. Ma l’esperienza di chi già opera in questo ambito dimostra che nulla può rendere di più che affidarsi agli esperti del settore, i consulenti social media, che sanno come impostare correttamente un sito, che conoscono le tecniche per migliorare il posizionamento sui motori di ricerca come Google, che verificano costantemente gli accessi al proprio sito per ottimizzarne l’uso e per meglio indirizzare l’attività successiva, ecc. E’ quell’attività meglio nota oramai come SEO, Search Engine Optimization).

Il passa-parola in questo settore è fondamentale, il suggerimento è di affidarsi a colleghi che hanno avuto esperienze positive: solo in questo modo si potrà essere sicuri di affrontare un investimento economico a fronte di risultati concreti a medio e lungo termine (ma anche a breve).

Da ultimo, resta immutata la verità che ogni professionista fa e deve fare sempre propria: la competenza e la professionalità sono la miglior forma di pubblicità.

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Avv. Marco Ciamei
(© diritti riservati)

Riferimenti normativi e link di interesse:
Direttiva europea 2006/123/CE
Decreto legislativo italiano n. 59 del 26.03.2010
Codice deontologico forense italiano
Legge federale svizzera sugli avvocati del 23.06.2000
Codice deontologico forense svizzero
Direttiva dell’Ordine degli avvocati del Cantone Ticino del 17.04.2007

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Lo Studio Legale Ciamei affida da anni la gestione della propria attività informativa sui social media alla consulenza di una società leader del settore

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