Il divorzio in Svizzera, procedura e diritti

 

Il diritto svizzero è di tipo “liberale” con riferimento alla disciplina della cessazione degli effetti del matrimonio. Quest’ultimo istituto resta un valore primario e ciò lo si desume dalla impossibilità di chiedere unilateralmente il divorzio, se non in casi particolarmente gravi.

Tuttavia, l’Ordinamento giuridico elvetico assume una posizione realista nei confronti della crisi della vita comune, concedendo la possibilità ai coniugi di chiedere il divorzio se entrambi d’accordo o prevedendo la possibilità di chiederlo anche unilateralmente laddove la convivenza sia cessata da tempo.

La volontà dei coniugi, dunque, espressa o tacita, assume valore preminente nel sistema svizzero.

Si possono individuare quattro ipotesi:

  1. volontà comune di divorziare e accordo completo sugli effetti
  2. volontà comune di divorziare e accordo parziale / mancanza di accordo sugli effetti
  3. volontà unilaterale di divorziare dopo sufficiente sospensione della vita comune
  4. volontà unilaterale di divorziare per rottura del vincolo coniugale

Esaminiamo quindi ognuna delle quattro possibilità.

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La separazione personale dei coniugi in Svizzera

Il diritto svizzero prevede (art. 159 CC) che, con la celebrazione del matrimonio, i coniugi si assumano una serie di obblighi e doveri:

  • cooperare alla prosperità dell’unione
  • provvedere in comune ai bisogni della prole
  • reciproca assistenza e fedeltà

Come si può notare, nel novero dei doveri coniugali non è compreso il dovere di coabitazione, previsto invece nel diritto italiano (art. 143 CCita). La conseguenza più importante è che, in Svizzera, i coniugi possono liberamente sospendere la coabitazione, con o senza l’avvio di una apposita procedura giudiziaria. Infatti, ai sensi dell’art. 175 CC, un coniuge è autorizzato a sospendere la comunione domestica sintanto che la convivenza pone in grave pericolo la sua personalità, la sua sicurezza economica o il bene della famiglia: l’interpretazione giurisprudenziale di tale ultimo requisito (“il bene della famiglia”) è piuttosto estensiva e comprende, di fatto, ogni ipotesi di impossibilità di proseguire con la convivenza. Continua a leggere

La separazione personale dei coniugi e il divorzio in Svizzera: aspetti nazionali e transfrontalieri con l’Italia

 

La celebrazione del matrimonio crea l’unione coniugale. I coniugi si obbligano a cooperare alla prosperità dell’unione ed a provvedere in comune ai bisogni della prole. Essi si devono reciproca assistenza e fedeltà
(art. 159 del Codice civile Svizzero, di seguito CCS).

 

L’art. 159 appena riportato evidenzia la natura del matrimonio, quale atto giuridico che crea l’unione coniugale, fonte dei diritti e dei doveri riconosciuti dall’Ordinamento giuridico a tutela della cellula fondamentale della società.

Tuttavia, come è noto, l’unione coniugale può estinguersi, gli obblighi di cooperazione tra coniugi venire meno, il reciproco impegno all’assistenza ed alla fedeltà non essere più rispettato. In questi casi generalmente tutti gli Ordinamenti giuridici moderni prevedono una disciplina normativa della fase di crisi del matrimonio.

Ciò vale, evidentemente, anche per la Svizzera. In questo Paese la normativa in materia di separazione personale dei coniugi e di divorzio – quindi più in generale di tutte le conseguenze patrimoniali e non patrimoniali connesse alla cessazione del vincolo matrimoniale – è diversa rispetto a quella italiana, sia a livello sostanziale che a livello procedurale: una delle conseguenze più importanti è il naturale riverbero su tutta una serie di regole ed eccezioni di diritto internazionale qualora si sia in presenza di coniugi di diversa nazionalità.

Con i tre contributi che verranno pubblicati a partire dalla prossima settimana (ogni lunedì) si ha l’intenzione di offrire una panoramica riassuntiva – per tal motivo quindi non esaustiva – delle varie questioni sottese alla disciplina della cessazione del matrimonio, con particolare attenzione alla disciplina di diritto transfrontaliero tra Italia e Svizzera. Continua a leggere

La notifica di un atto giudiziario italiano in Svizzera

 

La notifica (o notificazione) è quello strumento che consente di accertare in modo formale la consegna di un documento ad un destinatario.

Questa esigenza è riscontrabile soprattutto nei procedimenti giurisdizionali civili, penali, tributari, amministrativi, dove bisogna garantire il rispetto del contradditorio e, quindi, una parte, o la stessa Autorità pubblica, hanno la necessità di dimostrare in modo ufficiale di aver effettuato una comunicazione richiesta dalla legge. Ad esempio, ciò vale per gli atti di avvio del procedimento giudiziario civile (atto di citazione, ricorso, istanza, ecc.), per le comunicazioni processuali (citazione dei testimoni, comunicazione di termini, ecc.) e così via.

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Multe in Italia: per i domiciliati all’estero il termine di prescrizione della notifica è di 360 giorni. Cosa e come fare per impugnare quelle fuori termine.

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Nell’ipotesi di una violazione del codice della strada in Italia da parte di soggetti domiciliati all’estero, per la notifica della contestazione è previsto un termine di prescrizione diverso da quello ordinario vigente per chi è domiciliato nel territorio italiano. Continua a leggere

Rientro di capitali e autoriciclaggio: il caso particolare della Svizzera

immagine bandiera svizzera

La normativa sul rientro di capitali, approvata al Senato italiano il 4 dicembre dello scorso anno, è stata pubblicata il successivo 17 dicembre nella Gazzetta Ufficiale italiana (Serie Generale, n. 292) con il n. 186, ed è entrata in vigore il 1° gennaio di quest’anno.

In attesa, quindi, che l’Agenzia delle Entrate emani le direttive recanti le modalità di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria e di pagamento dei relativi debiti tributari (il termine è di 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, dunque entro il 31 gennaio 2015), si può ora affrontare l’ultimo aspetto di rilevante interesse: le particolarità del rientro di capitali dai Paesi inseriti nelle Black List, in specie la Svizzera.

Sono i capitali italiani detenuti in questo Paese, infatti, l’oggetto principale dell’intervento normativo, considerando il fatto che ivi si colloca presumibilmente oltre l’85% del “nero” in fuga dal Bel Paese.

1. Nel precedente articolo sulle conseguenze tributarie e penali della procedura di collaborazione volontaria si è visto che sui capitali emersi andranno corrisposte le sanzioni da mancata dichiarazione, ridotte di volta in volta secondo varie percentuali.

In particolare, la sanzione amministrativa da omessa compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi (che va da un minimo del 6% ad un massimo del 30% degli importi non dichiarati se questi ultimi erano o sono detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato), viene calcolata alla metà del minimo, dunque alla metà del 6%.

La Svizzera rientra tra quegli Stati che non hanno stipulato con l’Italia un accordo che consenta l’effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’art. 26 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE. Pertanto, in tale caso si applica la sanzione pari al 3% (metà del minimo pari al 6%).

In via eccezionale, tuttavia, il comma 7 del nuovo art. 5-quinquies del D.L. 167/1990 (convertito nella Legge 227/1990), stabilisce che la sanzione amministrativa minima da omessa compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi verrà calcolata al 3% – dunque non più al 6% – se le attività oggetto della collaborazione volontario erano o sono detenute in Stati che stipulino con l’Italia, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge, accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi del modello OCSE.

Considerando l’entrata in vigore della Legge al 1° gennaio 2015, Italia e Svizzera hanno tempo sino al 2 marzo 2015 per stipulare un accordo in tal senso.

2. La stipula di tale accordo consentirebbe, poi, anche due ulteriori vantaggi al contribuente che intendesse avvalersi della procedura di collaborazione volontaria.

Nel 2009 è stato emanato il Decreto Legge n. 78 (convertito con modificazioni nella Legge 3 agosto 2009 n. 102), il quale agli articoli 12 e 12-bis prevedeva, e prevede tutt’ora, disposizioni esplicitamente atte a favorire il contrasto ai paradisi fiscali. Tali norme prevedevano, in particolare, il raddoppio delle sanzioni ed il raddoppio dei termini di prescrizione (da 5 a 10 anni) per l’avvio dell’accertamento fiscale.

La Legge sul rientro di capitali prevede, invece, che in caso di conclusione di accordi sul modello OCSE tali due norme non si applichino.

3. All’esito di tale disamina, si comprende come la valutazione dei vantaggi e degli svantaggi dell’adesione alla voluntary disclosure da parte del contribuente italiano che detiene investimenti in Svizzera dipenderà, in modo fondamentale, da se e come i due Paesi decideranno di raggiungere un’intesa entro il termine fissato.

La  nuova normativa, comunque, si inserisce pienamente nell’alveo della sempre maggiore pressione internazionale esercitata contro i c.d. paradisi fiscali, come conseguenza naturale della crisi internazionale scoppiata nel 2008. La Svizzera, in realtà, non era dal punto di vista fiscale un “paradiso” – la tassazione elvetica rientrava nei parametri di normalità, pur essendo sensibilmente vantaggiosa rispetto agli altri Paesi – ma la mancanza di adesione ai nuovi modelli internazionali in materia di scambio di informazioni (c.d. segreto bancario) e di antiriciclaggio, aveva determinato l’inserimento di tale Paese nelle famose Black List, con ripercussioni importanti per l’economia elvetica.

In realtà, già nel 2009 il Consiglio federale aveva annunciato di voler adottare lo standard OCSE nell’assistenza amministrativa riguardante lo scambio di informazioni. Tuttavia, la mancanza di apposite convenzioni bilaterali con (nel nostro caso) l’Italia, ha determinato la persistente decisione di quest’ultima di mantenere la Svizzera nelle liste nere.

Evidente, quindi, l’intenzione del legislatore italiano di “forzare” ancora di più i tempi per il raggiungimento di un’intesa, già in discussione per la verità, sulla collaborazione amministrativa.

Si dovrà attendere la conclusione delle trattative, verificando se ciò avverrà nei tempi tassativi indicati dalla Legge 186/2014 e, fatto di non secondaria importanza, se tali accordi affronteranno anche altri temi bilaterali in discussione da molto tempo (uno tra tutti, l’accordo sulla tassazione dei frontalieri). Sempre tenendo presente, però, che ogni eventuale intesa comprenderà obbligatoriamente anche elementi finanziari riconducibili al periodo intercorrente tra la data di stipula e quella di entrata in vigore: con ciò rendendosi impossibili “fughe” in extremis.

Avv. Marco Ciamei
(© diritti riservati)

 

Riferimenti normativi:
Legge 15 dicembre 2014 n. 186
Decreto Legge 28 gennaio 2014 n. 4 (convertito con modificazioni nella Legge 28 marzo 2014 n. 50)
Decreto Legge 1° luglio 2009, n. 78 (convertito con modificazioni nella Legge 3 agosto 2009 n. 102)
OCSE, “Offshore Voluntary Disclosure – Comparative analysis, guidance and policy advice”, settembre 2010
Decisione del Consiglio federale svizzero del 13 marzo 2009, adesione modello OCSE

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Lo Studio Legale Ciamei si occupa di tali questioni ed è disponibile ad essere contattato.