L’Italia può perseguire i domiciliati in Svizzera per le multe stradali? La risposta è no … ma anche sì

In un precedente contributo si sono descritte le regole di validità delle notifiche in Svizzera delle sanzioni al codice della strada rilevate in Italia. In quella sede, in particolare, si sono indicate le norme cui gli Enti pubblici italiani sono tenuti a rispettare e, al contempo, si sono descritti gli strumenti che il diritto italiano offre ai domiciliati all’estero per contrastare la violazione delle medesime norme.

Tuttavia, date per assodate le regole di validità delle notifiche verso l’estero, molto più spesso viene richiesta la consulenza del nostro studio in merito alla possibilità giuridica che gli enti pubblici italiani procedano direttamente in Svizzera – e secondo gli strumenti esecutivi elvetici – con l’incasso delle sanzioni divenute esecutive.

La risposta, come anticipa il titolo, è no per un verso e sì per un altro. Vediamo meglio come stanno le cose.

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Avvocati e social media: le regole tra cui districarsi e qualche “trucco” (già applicato con successo da studi legali)

Nel Fedro di Platone, Socrate diceva che la scrittura era una minaccia per la cultura
perché a un libro non si possono fare domande.
A Socrate mancava Internet

(Luciano De Crescenzo).

La professione legale è in continuo mutamento e, oggi, uno degli strumenti che non possono mancare nel bagaglio culturale e professionale di un avvocato è la tecnica di comunicazione in internet. Ancora più nello specifico, nei social media.

Con questo contributo si vuole offrire al lettore una sintetica (e quindi per forza di cose limitata) panoramica delle regole deontologiche che regolano la pubblicità e l’uso di internet per la professione di avvocato, sia in Italia che in Svizzera, con un accenno importante, alla fine, ad alcuni “trucchi” per approfittare delle enormi potenzialità dei social media.

N.B.: si vuole condividere un’esperienza (positiva e proficua) prima ancora che una fredda disamina normativa, la parte finale vi offrirà un possibile scenario di crescita professionale

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Cinque riflessioni sugli avvocati … scritte da un avvocato *

Ma spiegami un po’, come concili la tua coscienza con la possibilità di difendere un colpevole o, comunque, di assumere una posizione che sai non corretta?

Quale avvocato non si è sentito rivolgere questo tipo di domanda! In realtà, è una domanda che credo (e spero) si siano posti un po’ tutti gli avvocati almeno una volta nella loro carriera, specie quelli che professano un credo cristiano.

Bene, senza pretesa di verità o di risolvere una volta per tutte l’eterno dilemma, proviamo a ragionare insieme. Lo facciamo partendo da un passo di quello che è un libro guida per ogni avvocato e che proprio ogni avvocato dovrebbe avere nella libreria, “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, di Piero Calamandrei:

Per giudicare l’utilità processuale degli avvocati, non bisogna guardare il difensore isolato, la cui attività unilaterale e partigiana, presa in sé, può sembrar fatta apposta per trarre i giudici fuori di strada; ma bisogna considerare il funzionamento nel processo dei due difensori contrapposti, ciascuno dei quali, colla propria parzialità, giustifica e rende necessaria la parzialità del contraddittore.
Imparziale deve essere il giudice, che è uno al di sopra dei contendenti; ma gli avvocati son fatti per esser parziali, non solo perché la verità è più facilmente raggiunta se è scalata da due parti, ma perché la parzialità dell’uno è la spinta che genera la controspinta dell’avversario, l’impulso che eccita la reazione del contraddittore e che, attraverso una serie di oscillazioni quasi pendolari da un estremo all’altro, permette al giudice di cogliere nel punto di equilibrio, il giusto.
Gli avvocati forniscono al giudice le sostanze elementari dalla cui combinazione si genera a un certo momento, nel giusto mezzo, la decisione imparziale, sintesi chimica di due contrapposte parzialità. Essi debbono esser sempre considerati come «coppia», anche nel senso che questa espressione ha in meccanica: sistema di due forze equivalenti, le quali, operando su linee parallele in direzione opposta, generano il moto, che dà vita al processo, e trova quiete nella giustizia”.

(PIERO CALAMANDREI, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, Ed. Ponte alle grazie, 1999 terza ristampa, pp. 121-122)

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I permessi in Svizzera e le precedenti condanne penali in Italia: 5 cose da sapere

Sono sempre più frequenti le richieste di assistenza legale da parte di cittadini italiani che hanno ricevuto un provvedimento di diniego alla richiesta di concessione di un permesso di lavoro in Svizzera, segnatamente una decisione di revoca del permesso concesso in precedenza, in presenza di precedenti condanne penali in Italia.

È corretto tale modo di procedere? Su quali basi normative si fonda? Ogni e qualsiasi tipo di condanna precluse la possibilità di vivere o lavorare in Svizzera? Quali sono i limiti imposti all’Ufficio della migrazione? Cosa si può fare di fronte ad una decisione ingiusta?

Il presente contributo intende offrire alcune risposte chiare a fronte della confusione che spesso regna in una prassi spesso non conforme alla normativa svizzera ed europea: si deve quindi tenere ben presente che in questo ambito, più che in altri, ogni singolo caso personale richiede un’analisi specifica, anche perché le novità sono all’ordine del giorno.

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L’avv. Marco Ciamei ospite della trasmissione “Patti chiari” (RSI – LA1), puntata del 07.04.2017

 

La trasmissione “Patti chiari” si occupa di inchieste a tutela dei cittadini e dei consumatori. In onda sulla rete televisiva La1, ogni venerdì alle 21:10, nella puntata del 7 aprile 2017 si è occupata di contratti di leasing di una specifica agenzia, rivolti a chi ha debiti, sulla cui natura giuridica è stato chiamato ad esprimere un proprio parere l’avv. Marco Ciamei.

Di seguito il link al sito web di “Patti chiari” per riguardare la puntata:

http://www.rsi.ch/la1/programmi/informazione/patti-chiari/Inchieste/inchieste-andate-in-onda/La-trappola-del-leasing-8909728.html

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Avv. Marco Ciamei
( © diritti riservati )

 

Il diritto del lavoro svizzero secondo l’ottica del datore di lavoro

 

Chi si accinge a diventare un buon capo, deve prima essere stato sotto un capo
(Aristotele)

 

Sin dal primo appuntamento di questa serie di contributi sul diritto del lavoro svizzero ci si è occupati di approfondire la normativa e la giurisprudenza elvetica, adottando però sempre l’ottica del lavoratore. Ciò accade normalmente, poiché è spesso la parte “debole” del rapporto di lavoro a necessitare di tutela.

Spesso, però, si ignora che il datore di lavoro ha la necessità di comprendere entro quali limiti può muoversi nel rapporto con il dipendente. E questo capita non solo per una finalità meramente economica, ossia di sfruttamento massimo del potenziale lavorativo in termini di minimi costi; capita sempre di più, invece, che il datore di lavoro desideri valorizzare positivamente il proprio dipendente, al fine di garantire un clima di collaborazione e sana produttività nell’azienda, sfruttando in modo leale e positivo gli strumenti normativi.

E’ per tal motivo che, in questo contributo, si offrono alcuni spunti dedicati precipuamente al datore di lavoro svizzero o, eventualmente, a quello estero che intendesse estendere la propria attività nel territorio elvetico. Indispensabile, per questo fine, conoscere quali sono i limiti e le potenzialità del diritto del lavoro svizzero. Continua a leggere