Il diritto del lavoro svizzero secondo l’ottica del datore di lavoro
“Chi si accinge a diventare un buon capo, deve prima essere stato sotto un capo”
(Aristotele)
Sin dal primo appuntamento di questa serie di contributi sul diritto del lavoro svizzero ci si è occupati di approfondire la normativa e la giurisprudenza elvetica, adottando però sempre l’ottica del lavoratore. Ciò accade normalmente, poiché è spesso la parte “debole” del rapporto di lavoro a necessitare di tutela.
Spesso, però, si ignora che il datore di lavoro ha la necessità di comprendere entro quali limiti può muoversi nel rapporto con il dipendente. E questo capita non solo per una finalità meramente economica, ossia di sfruttamento massimo del potenziale lavorativo in termini di minimi costi; capita sempre di più, invece, che il datore di lavoro desideri valorizzare positivamente il proprio dipendente, al fine di garantire un clima di collaborazione e sana produttività nell’azienda, sfruttando in modo leale e positivo gli strumenti normativi.
E’ per tal motivo che, in questo contributo, si offrono alcuni spunti dedicati precipuamente al datore di lavoro svizzero o, eventualmente, a quello estero che intendesse estendere la propria attività nel territorio elvetico. Indispensabile, per questo fine, conoscere quali sono i limiti e le potenzialità del diritto del lavoro svizzero.
1. La ricerca del candidato dipendente.
La fase di ricerca del candidato al posto di lavoro non è caratterizzata da impegni contrattuali, ma entrambe le parti devono essere consapevoli di avere determinati obblighi.
Il datore di lavoro deve rispettare due particolari obblighi di legge.
Innanzitutto il divieto di discriminazione tra uomini e donne, che comporta il rispetto del principio secondo cui uomini e donne non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso, segnatamente con riferimento allo stato civile, alla situazione familiare o a una gravidanza (art. 3 cpv. 1 della legge federale sulla parità dei sessi, LPar). Il divieto si applica in particolare all’assunzione, all’attribuzione dei compiti, all’assetto delle condizioni di lavoro, alla retribuzione, alla formazione e al perfezionamento professionali, alla promozione e al licenziamento (art. 3 cpv. 2 LPar).
Il datore di lavoro sarà tenuto a fornire una motivazione scritta del motivo della mancata assunzione se il candidato lamenti l’esistenza di un motivo discriminatorio: in questi casi, il presunto candidato danneggiato avrà tempo 3 mesi per avviare l’azione per chiedere l’indennità di legge (art. 8 LPar).
Il secondo obbligo per il datore di lavoro è quello di garantire la protezione dei dati personali del candidato (Legge sulla protezione dei dati, LPD): ciò riguarda i curriculum vitae, le informazioni assunte in sede di colloquio, anche le eventuali referenze richieste (sempre con il consenso del candidato) a terzi.
Il candidato lavoratore, invece, deve assolvere al più generale obbligo di dire la verità, sia in relazione ai requisiti fisici/psichici richiesti per il posto in discussione, sia in relazione ai requisiti formativi e professionali. La violazione di tale obbligo rende responsabile il lavoratore verso il datore di lavoro dei danni che quest’ultimo potrebbe subire (si pensi al settore dei trasporti o a quello della gestione finanziaria) o, comunque, potrebbe giustificare una disdetta immediata nel momento in cui si scopre la verità.
Entrambe le parti poi sono tenute al rispetto del più generale obbligo di buona fede (art. 2 CC), ossia di relazionarsi secondo criteri di correttezza e di non danneggiamento gratuito degli interessi della controparte.
2. Il contratto e l’avvio del rapporto di lavoro.
L’avvio del rapporto di lavoro deve essere praticamente sempre accompagnato dalla sottoscrizione di un contratto scritto. Il datore di lavoro, infatti, ha l’obbligo legale (art. 330b CO) di fornire al lavoratore una serie di informazioni, tra cui il nome dei contraenti, la data d’inizio del rapporto di lavoro, la funzione del lavoratore, il salario e gli eventuali supplementi salariali, la durata settimanale del lavoro: si tratta evidentemente del classico contenuto di un contratto di lavoro.
Questo obbligo, vigente dal 2006, allorché la Svizzera ha recepito alcune indicazioni dall’UE nell’ambito della libera circolazione delle persone, non vale unicamente per i rapporti di lavoro di durata inferiore ad un mese.
Il contratto deve essere concluso nel rispetto della legge svizzera, come è ovvio, ma soprattutto non deve contrastare con le disposizioni imperative previste dagli articoli 361 CO e 362 CO:
- le prime, art. 361 CO, riguardano principi di tutela che non possono essere derogati né a svantaggio del lavoratore e né a svantaggio del datore di lavoro (ad es. le norme sul lavoro straordinario, sui limiti della compensazione con i crediti di lavoro, sulla disdetta, sul licenziamento in tronco, ecc.)
- le seconde, art. 362 CO, riguardano principi posti a tutela del lavoratore, che quindi producono la nullità del contratto o anche solo delle clausole contrattuali che si pongono a svantaggio del lavoratore (ad es. sulla responsabilità del lavoratore, sul salario nei tempi protetti, sulle regole dei rimborsi spese, sulla disciplina delle vacanze e della maternità, sulle disdette, ecc.).
Non va, infine, dimenticata la necessità di adeguare sempre il contratto di lavoro individuale all’eventuale CCL o CNL presente nel settore di riferimento (sul punto, si richiamo quanto già esposto nel precedente contributo sul contratto di lavoro).
3. Il rapporto di lavoro, vicende ed opportunità.
Durante il rapporto di lavoro, il datore deve sempre tener conto del proprio diritto ad esigere una serie di comportamenti dal proprio lavoratore.
Innanzitutto, quest’ultimo è tenuto a prestare personalmente la propria attività lavorativa (art. 321 CO). Trattasi di un principio tutt’altro che astratto, poiché è alla base di tutta una serie di norme molto importanti:
- l’obbligo al lavoro personale giustifica tutte le norme in materia di assenza del lavoratore (non tutti i lavoratori possono essere sostituiti o sostituiti immediatamente)
- la responsabilità del lavoratore che abbandona il posto di lavoro o non vi si presenta senza giustificato motivo (comportamento che può essere peraltro causa di disdetta immediata)
- la pretesa del certificato medico (obbligo dal 3° giorno, ma spesso anche dal 1°)
- la possibilità di richiedere lavoro straordinario (ad es. non richiedendolo ad altri)
- ecc.
Il lavoratore è poi tenuto ad eseguire con diligenza il lavoro assegnatogli (art. 321a cpv. 1 e 2 CO). Il datore di lavoro può quindi ben esercitare il proprio potere di impartire direttive, indicazioni, regole interne nell’ottica di un maggiore rendimento e di una cura dei propri beni aziendali. L’argomento della diligenza è molto spesso posto alla base delle disdette, anche se queste ultime possono essere giustificate solo quando il calo di rendimento o la mancata cura si risolva in una prestazione largamente insufficiente.
La diligenza è posta alla base anche della responsabilità del lavoratore per i danni causati al proprio datore di lavoro (art. 321e CO). Il lavoratore, infatti, è responsabile del danno che cagiona intenzionalmente o per negligenza al datore di lavoro. È bene chiarire, però, che questa responsabilità non è assoluta, poiché necessita innanzitutto della colpa del lavoratore e, inoltre, richiede che tale colpa sia adeguata ad una serie di parametri (ad es. natura del singolo rapporto di lavoro, rischio professionale, grado dell’istruzione, cognizioni tecniche che il lavoro richiede, ecc.).
Il lavoratore, soprattutto, è tenuto a “salvaguardare con fedeltà gli interessi legittimi del datore di lavoro” (art. 321a cpv. 1, 3 e 4). Anche al di là di un’esistenza di una clausola di riservatezza o di non concorrenza, infatti, il lavoratore è comunque obbligato verso il proprio datore di lavoro in un duplice senso:
- non divulgare a terzi informazioni riservate o anche solo che possano direttamente o indirettamente danneggiare il datore di lavoro, e questo anche dopo la fine del rapporto di lavoro
- rinunciare a lavorare per terzi che si pongano in concorrenza con il proprio datore di lavoro.
È di palmare evidenza come la violazione del dovere di fedeltà incrini di per sé in modo grave il rapporto lavorativo, potendo quindi giustificare provvedimenti gravi – tra tutti la disdetta immediata – con possibilità di far valere il risarcimento del danno e persino l’applicazione delle norme civili e penali in materia di concorrenza sleale (ad es. art. 4a cpv. 1 lett. b della legge federale contro la concorrenza sleale LCSI e art. 6 LCSI)
4. La fine del rapporto di lavoro: la disdetta.
In Svizzera il datore di lavoro può risolvere il rapporto con il dipendente in ogni momento: di ciò si è ampiamente discusso nell’ultimo contributo sul licenziamento, cui si rimanda).
In questa sede è però utile fornire alcuni specifici consigli.
Quanto alla disdetta ordinaria, si è detto che il datore di lavoro è tenuto a motivarla se il lavoratore richieda spiegazioni scritte: in questo caso, se il datore di lavoro non provvede, tale circostanza potrà essere valutata negativamente in giudizio, oltre a comportare l’addebito delle spese processuali o comunque di indennità da abuso.
C’è una fattispecie di disdetta ordinaria espressamente disciplinata dalla legge: è la disdetta in tempo inopportuno per causa del lavoratore. L’art. 336d CO prevede che il lavoratore non possa disdire il rapporto di lavoro mentre è assente o impossibilitato il datore di lavoro e il lavoratore stesso è nelle condizioni di sostituirlo. Si tratta di una norma poco conosciuta per una fattispecie certo non comune, ma non impossibile a verificarsi.
Quanto invece alla disdetta straordinaria, o immediata, è importante far presente che la stessa deve essere disposta in presenza di un caso grave e nell’imminenza dello stesso, ossia entro massimo 2-3 giorni: in caso contrario, lo stesso decorrere del tempo viene considerato un sintomo di mancanza di quella gravità che impedirebbe il rispetto del termine di legge. Fondamentale ricordare che l’onere della prova della causa grave è a carico del datore di lavoro.
La disdetta straordinaria, quando giustificata, può comportare anche la nascita di un diritto al risarcimento dei danni. È questo il caso della disdetta motivata da un comportamento infedele del dipendente, da un danno arrecato a terzi per negligenza imputabile, assenza dal lavoro ingiustificata, ecc.
Un caso particolare di disdetta immediata è quello del mancato inizio o abbandono del posto di lavoro ingiustificato: in questo caso la legge concede al datore di lavoro non solo il diritto al licenziamento ed al risarcimento del danno, ma anche un’indennità di un quarto del salario mensile (art. 337d CO).
Da ultimo, dopo la fine del rapporto di lavoro, il datore può ancora pretendere che il lavoratore non svolga la propria prestazione lavorativa nello stesso ambito di attività: si tratta del noto divieto di concorrenza.
Tale divieto può perdurare sino a 3 anni dopo la fine del rapporto di lavoro, ma, per poter essere fatto valere, è necessario che vengano rispettati alcuni requisiti molto stringenti (art. 340 CO):
- patto per iscritto
- previsione di un compenso in favore del lavoratore
- esistenza delle ragioni per un divieto di concorrenza (contatti diretti con fornitori, conoscenza di segreti o notizie riservate della ditta, ecc.)
- pericolo di “danno considerevole” per il datore di lavoro
- limitazione temporale (per quanto tempo?), locale (dove?) e oggettiva (cosa non può fare il lavoratore?)
Il patto di non concorrenza è bene che espliciti in modo chiaro le conseguenza della sua violazione: si può prevedere in questi casi sia il risarcimento dei danni che pagamento di una penale o persino l’obbligo di interruzione dell’attività concorrente a carico del lavoratore (cfr. art. 340b CO).
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Il prossimo contributo affronterà la disciplina del diritto del lavoro transfrontaliero Italia-Svizzera (c.d. frontalieri): verrà pubblicato la prossima settimana di febbraio.
Avv. Marco Ciamei
( © diritti riservati )
Riferimenti normativi e link di interesse:
Codice delle obbligazioni svizzero, CO
Codice civile Svizzero, CC
Legge federale contro la concorrenza sleale, LCSI
Legge federale sulla parità dei sessi, LPar
Legge federale sulla protezione dei dati, LPD
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Lo Studio Legale Ciamei si occupa di tali questioni ed è disponibile ad essere contattato.
Salve,
Se il contratto di lavoro prevede il divieto di concorrenza ma non prevede alcun compenso/risarcimento per il lavoratore, è comunque valido?
E’ inoltre valido un contratto che prevede la non concorrenza per due anni non solo nel cantone di riferimento ma anche in tutta la Svizzera, Europa, e tutti gli stati del mondo?
Egregio Michele,
di principio non è necessaria una controprestazione per la clausola di non concorrenza. Tuttavia, la validità di un patto di non concorrenza è tema delicato e di complessa soluzione, solo un’esame accurato dell’intero contratto e del tipo di lavoro può consentire di fornire risposte adeguate.
Un cordiale saluto.
Avv. Marco Ciamei