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Divorzio in Italia: suddivisione tra i coniugi degli averi previdenziali maturati in Svizzera

Il matrimonio non è un contratto ordinario, perché al momento del divorzio
le due parti in causa 
non tornano allo stato in cui si trovavano prima di sposarsi
(Louis de Bonald, politico e scrittore francese, 1754 – 1840)

Se è vero ciò che dice Louis de Bonald, è anche vero che, in caso di divorzio, il diritto matrimoniale ha come fine quello di rendere il più possibile equanime la situazione economica e personale dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio.

E se tale finalità è già di per sé articolata in un divorzio ordinario, tanto più diventa complessa nei casi di divorzi internazionali tra Italia e Svizzera (ossia dove almeno uno dei coniugi è cittadino svizzero o lavora in Svizzera): in questi casi, infatti, interviene il delicato problema dell’applicabilità anche nel divorzio italiano della suddivisione degli averi previdenziali maturati dai coniugi, o da un solo coniuge, in Svizzera nel periodo matrimoniale.

Si tratta di una questione poco affrontata in dottrina e giurisprudenza, ma che ha importanti ripercussioni giuridiche e pratiche, anche solo in considerazione del numero di lavoratori italiani in Svizzera (oltre 120’000 solo in Ticino tra residenti e frontalieri).

Di seguito, una breve disamina degli aspetti più importanti, tenendo presente l’ipotesi di un processo di divorzio celebrato in Italia in cui risulti applicabile la normativa italiana: ad esempio perché i coniugi sono cittadini italiani, o uno di loro vive in Italia, ecc.

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Avvocati e social media: le regole tra cui districarsi e qualche “trucco” (già applicato con successo da studi legali)

Nel Fedro di Platone, Socrate diceva che la scrittura era una minaccia per la cultura
perché a un libro non si possono fare domande.
A Socrate mancava Internet

(Luciano De Crescenzo).

La professione legale è in continuo mutamento e, oggi, uno degli strumenti che non possono mancare nel bagaglio culturale e professionale di un avvocato è la tecnica di comunicazione in internet. Ancora più nello specifico, nei social media.

Con questo contributo si vuole offrire al lettore una sintetica (e quindi per forza di cose limitata) panoramica delle regole deontologiche che regolano la pubblicità e l’uso di internet per la professione di avvocato, sia in Italia che in Svizzera, con un accenno importante, alla fine, ad alcuni “trucchi” per approfittare delle enormi potenzialità dei social media.

N.B.: si vuole condividere un’esperienza (positiva e proficua) prima ancora che una fredda disamina normativa, la parte finale vi offrirà un possibile scenario di crescita professionale

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Cinque riflessioni sugli avvocati … scritte da un avvocato *

Ma spiegami un po’, come concili la tua coscienza con la possibilità di difendere un colpevole o, comunque, di assumere una posizione che sai non corretta?

Quale avvocato non si è sentito rivolgere questo tipo di domanda! In realtà, è una domanda che credo (e spero) si siano posti un po’ tutti gli avvocati almeno una volta nella loro carriera, specie quelli che professano un credo cristiano.

Bene, senza pretesa di verità o di risolvere una volta per tutte l’eterno dilemma, proviamo a ragionare insieme. Lo facciamo partendo da un passo di quello che è un libro guida per ogni avvocato e che proprio ogni avvocato dovrebbe avere nella libreria, “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, di Piero Calamandrei:

Per giudicare l’utilità processuale degli avvocati, non bisogna guardare il difensore isolato, la cui attività unilaterale e partigiana, presa in sé, può sembrar fatta apposta per trarre i giudici fuori di strada; ma bisogna considerare il funzionamento nel processo dei due difensori contrapposti, ciascuno dei quali, colla propria parzialità, giustifica e rende necessaria la parzialità del contraddittore.
Imparziale deve essere il giudice, che è uno al di sopra dei contendenti; ma gli avvocati son fatti per esser parziali, non solo perché la verità è più facilmente raggiunta se è scalata da due parti, ma perché la parzialità dell’uno è la spinta che genera la controspinta dell’avversario, l’impulso che eccita la reazione del contraddittore e che, attraverso una serie di oscillazioni quasi pendolari da un estremo all’altro, permette al giudice di cogliere nel punto di equilibrio, il giusto.
Gli avvocati forniscono al giudice le sostanze elementari dalla cui combinazione si genera a un certo momento, nel giusto mezzo, la decisione imparziale, sintesi chimica di due contrapposte parzialità. Essi debbono esser sempre considerati come «coppia», anche nel senso che questa espressione ha in meccanica: sistema di due forze equivalenti, le quali, operando su linee parallele in direzione opposta, generano il moto, che dà vita al processo, e trova quiete nella giustizia”.

(PIERO CALAMANDREI, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, Ed. Ponte alle grazie, 1999 terza ristampa, pp. 121-122)

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Il divorzio in Svizzera, procedura e diritti

 

Il diritto svizzero è di tipo “liberale” con riferimento alla disciplina della cessazione degli effetti del matrimonio. Quest’ultimo istituto resta un valore primario e ciò lo si desume dalla impossibilità di chiedere unilateralmente il divorzio, se non in casi particolarmente gravi.

Tuttavia, l’Ordinamento giuridico elvetico assume una posizione realista nei confronti della crisi della vita comune, concedendo la possibilità ai coniugi di chiedere il divorzio se entrambi d’accordo o prevedendo la possibilità di chiederlo anche unilateralmente laddove la convivenza sia cessata da tempo.

La volontà dei coniugi, dunque, espressa o tacita, assume valore preminente nel sistema svizzero.

Si possono individuare quattro ipotesi:

  1. volontà comune di divorziare e accordo completo sugli effetti
  2. volontà comune di divorziare e accordo parziale / mancanza di accordo sugli effetti
  3. volontà unilaterale di divorziare dopo sufficiente sospensione della vita comune
  4. volontà unilaterale di divorziare per rottura del vincolo coniugale

Esaminiamo quindi ognuna delle quattro possibilità.

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