“Sostituire i frontalieri con altra forza lavoro, qualsiasi sia la nazionalità, per la Svizzera e in particolare per il Ticino non sarebbe affatto semplice e, soprattutto, conveniente”
(Ministero dell’Economia e delle Finanze, Italia, 12 ottobre 2015)
Nei contributi precedenti si è esaminata la normativa svizzera del lavoro (link), sia dal punto di vista del lavoratore (link) che del datore di lavoro (link). Non si può, però, avere un’idea completa della vicenda lavorativa svizzera, e soprattutto ticinese, se non si affronta la questione del lavoro frontaliere.
Il lavoratore che ogni giorno, o almeno una volta a settimana, supera il confine per lavorare nel Paese non di residenza (definizione ampia di frontaliere) è oramai da anni una realtà importante dei Cantoni di frontiera (Vallese, Basilea, Ticino, Grigioni, ecc.). Una realtà ancora più specifica è quella del lavoratore italiano residente nella fascia di confine che, sempre ogni giorno o almeno una volta a settimana, si reca in Svizzera per lavorare (definizione ristretta di frontaliere).
A tale categoria di lavoratore si applicano tutte le previsioni normative che sono state esaminate nei contributi precedenti. Tuttavia, proprio la natura di soggetto residente in uno Stato e lavorante in un altro Stato, comporta delle evidenti differenze in materia assicurativa (specie in ambito di disoccupazione), sanitaria e fiscale.
Di seguito verranno esaminate alcune questioni, di certo in modo non esaustivo, ma indicativo e il più possibile completo. Continua a leggere